sabato 25 ottobre 2008

LA RUOTA DI MEDICINA DEGLI INDIANI D'AMERICA



Medicina nelle varie lingue e dialetti dei nativi americani ha un significato molto vasto che vuole simboleggiare tutto quello che c’è di buono, che ha spirito, che ha cuore. Francis La Fleche, un etnologo appartenente alla tribù degli Osage-Sioux ha descritto così il potere, la “medicina” insita in tutte le cose: «Ogni essere vivente è wakan. Wakan è ogni cosa che possegga un potere, sia esso attivo come quello del vento o quello che spinge le nuvole, oppure passivo, di resistenza, di sopportazione, come quello dei ciottoli che si trovano lungo le strade. Persino il bastone o la pietra più insignificanti hanno una particolare essenza spirituale che viene immaginata come manifestazione di quel potere misterioso che penetra in ogni cosa, che informa di sé l’intero universo». Così dalle ere più antiche, il cui ricordo è nascosto tra le trame sottili del tempo, gli uomini cercarono di assicurarsi questi poteri, queste formidabili forze.
Per gli indiani delle praterie fondamentale era cercarsi un proprio spirito protettore, che si poteva manifestare durante un digiuno nel deserto o durante la meditazione sulla cima di una montagna; che poteva mostrarsi nel sonno come nella veglia, attraverso una visione o anche sotto la forma di un evento naturale.
Questi “spiriti guardiani” fornivano ai loro protetti consigli o li istruivano nella fabbricazione di “medicine” particolarmente potenti.
Secondo la tradizione degli indiani d’America, agli albori della creazione, da che Wakan Tanka, il Grande Spirito, mise mano alla creazione dell’universo, la terra fu abitata da altri esseri primogeniti, dotati di una duplice natura: quella di uomini ed animali. Dopo l’avvento degli uomini, dei secondogeniti, questi esseri leggendari, dotati della capacità di assumere forma umana a loro piacimento, si ritirarono nei boschi e nelle acque, nascosti là dove gli occhi di nessun mortale poteva scorgerli, in luoghi celati dove solo pochi uomini privilegiati potevano visitarli (una leggenda questa che riporta molto da vicino ciò che è narrato dalle leggende del Nord-Europa riguardo agli elfi, nonchè dal trattato che Paracelso scrisse sugli “esseri elementali”: il Liber de Nymphis).
Per gli Indiani delle Grandi Pianure molti erano gli oggetti sacri, tra questi disegni, canzoni, simboli cosmici, numeri, nonchè i singoli componenti delle “medicine personali”. La più sacra però tra tutte le cose, quella che rivestiva un significato di particolare importanza, era il cerchio sacro, manifestazione di tutte le forze cosmiche, come il samsara indiano od il tao cinese. A questo proposito Alce Nero ci torna utile come sempre:
“Dopo la cerimonia degli heyoka, io venni a vivere qui, dove sono adesso, tra i torrenti Wounded Knee e Grass. Altri vennero con noi, e costruimmo queste piccole case grigie di tronchi che vedete, ed esse sono quadrate. É un brutto modo di vivere, perché non ci può essere alcun potere in un quadrato. Avete osservato che tutto ciò che un indiano fa in è in un circolo, e questo perché il Potere del Mondo sempre lavora in circoli, e tutto cerca di essere rotondo. Nei tempi andati, quando eravamo un popolo forte e felice, tutto il nostro potere ci veniva dal cerchio sacro della nazione, e finché quel cerchio non fu spezzato, il popolo fiorì. L'albero fiorente era il centro vivente del cerchio, e il circolo dei quattro quadranti lo nutriva. L'est dava pace e luce, il sud dava calore, l'ovest dava la pioggia, e il nord, col suo vento freddo e potente, dava forza e resistenza. Questo sapere ci veniva dal mondo dell'aldilà, con la nostra religione. Tutto ciò che il Potere del Mondo fa, lo fa in un circolo. Il cielo è rotondo, e ho sentito dire che la terra è rotonda come una palla, e che così sono le stelle. Il vento, quando è più potente, gira in turbini. Gli uccelli fanno i loro nidi circolari, perché la loro religione è la stessa nostra. Il sole sorge e tramonta sempre in un circolo. La luna fa lo stesso, e tutti e due sono rotondi. Perfino le stagioni formano un grande circolo, nel loro mutamento, e sempre ritornano al punto di prima. La vita dell'uomo è un circolo, dall'infanzia all'infanzia, e lo stesso accade con ogni cosa dove un potere si muove. Le nostre tende erano rotonde, come i nidi degli uccelli, e inoltre erano sempre disposte in circolo, il cerchio della nazione, un nido di molti nidi, dove il Grande Spirito voleva che noi covassimo i nostri piccoli. Ma i Wasichu ci hanno messi in queste scatole quadrate. Il nostro potere se ne è andato e stiamo morendo, perché il potere non è più in noi. Potete dare uno sguardo ai nostri ragazzi e capire come stanno le cose. Quando noi vivevamo grazie al potere del circolo nella maniera dovuta, i ragazzi diventavano uomini a dodici, tredici anni. Ma adesso ci mettono molto più tempo a maturare. Pazienza, le cose sono come sono. Noi siamo prigionieri di guerra, finché siamo quaggiù ad aspettare. Ma c'è un altro mondo...”.
Il cerchio sacro ed il suo potere sono quindi i presupposti fondamentali su cui si basa anche la “ruota di medicina”, una sorta di cerchio magico che, normalmente realizzata con delle piccole pietre o con dei ciottoli, racchiude in sè tutti i principi dell’universo e rappresenta con questi gli infiniti elementi che lo compongono. Normalmente la ruota è suddivisa in quattro quadranti (a loro volta anch’essi suddivisi), ognuno dei quali vuole rappresentare i quattro principi basilari di cui l’universo si compone (rispettivamente, partendo dal sud, acqua, terra, aria e fuoco) nonchè gli spiriti, gli animali e i punti cardinali che a questi principi sono legati: il nord, a cui è associato il colore bianco e da cui “proviene il grande vento bianco che purifica”, è il luogo dove abita il gigante Waziah; al sud è associato il colore giallo e da esso giunge l’estate ed il potere che fa crescere, qui vive il Cigno Bianco che attende alla vita di tutti i popoli dell’universo; ad ovest, dove vivono gli esseri del tuono che mandano la pioggia e dove il sole tramonta vi è il colore nero: qui abita Wakinian-Tanka, il grande Uccello del Tuono dell’Ovest, “in una capanna in cima ad un monte al confine del mondo dove il sole tramonta”; ad est vi è invece il rosso, poichè qui vive la “Stella del Mattino” per dare la saggezza agli uomini ed il suo simbolo è l’aquila, Huntka, l’animale che tutto vede. Il centro del cerchio rappresenta l’albero sacro che unisce il cielo alla terra: è “l’albero del mondo, il cui tronco - che è anche la colonna del sole, il palo del sacrificio e l’axis mundi - ergendosi dall’altare all’omphalos della terra varca la porta del mondo e ramifica sopra il tetto del mondo; come il ramo inesistente (cioè che non si è manifestato) che i parenti lassù chiamano il Superno” (K.A.Coomaraswamy, Svayamatrna: Janua Coeli, Zalmoxis).
Il giorno della nascita di ogni essere è contrassegnato da una data posizione di questa ruota: ognuno è quindi predisposto alla percezione del mondo secondo i doni ricevuti in quel momento in funzione dell’orientazione della ruota; l’individuo è difatti solo una piccola parte di un cosmo infinito ed il suo compito è la ricerca dell’equilibrio di tutto ciò che lo circonda, dell’armonia universale: è una piccola parte della ruota come la goccia lo è del mare. Proprio per il fatto di essere legato ad una posizione della ruota e con un particolare animale od oggetto, ogni indiano possiede un determinato potere ed una specifica posizione all’interno del suo popolo, della nazione e di tutto ciò che lo circonda: proprio a questo particolare potere da essi ricevuto ed allo spirito guardiano che gli è proprio, gli indiani devono il loro nome.
A uomini particolari, dotati di un grande potere, ottenuto dopo essere ritornati indietro dal mondo dei morti, è destinato lo svolgimento delle cerimonie sacre, la guarigione e la conoscenza delle tradizioni più sacre: sono questi i wìchasa wakan, gli sciamani, gli uomini di medicina: essi sono preposti a interpretare le visioni, a ricevere le indicazioni degli spiriti, a trattare le erbe e ad essere i guardiani del cerchio sacro della nazione. La ruota della medicina è quindi una immagine, il mezzo attraverso il quale si incanala il potere che lega tutte le cose che compongono l’intero universo e che rende sacro il tutto, che rende ogni cosa wakan.

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